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Giustizia amministrativa “in crisi”, cosa sono e perché servono le ADR

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Alternative Dispute Resolutions (ADR) sono sistemi stragiudiziali di risoluzione delle controversie. Hanno origine negli Stati Uniti, si sono rapidamente diffuse anche in Europa e, secondo autorevole dottrina, costituirebbero una valida alternativa al sistema dei ricorsi amministrativi, nel rispetto dei principi di effettività, giusto processo e ragionevole durata. Per l’ordinamento italiano non rappresentano una novità, ma si avverte l’esigenza di un intervento legislativo ad hoc.

In un suo recente contributo al convegno internazionale dell’Università di Cagliari sulle tutele extragiudiziali, intitolato “Mediazione e giudizio amministrativo”, il presidente del Tar Lazio ha affermato che “Il sistema giustizia è in crisi” e alcuni fattori sono evidenti: “a) elevato costo sociale del servizio; b) lunghezza e imprevedibilità della via giurisdizionale; c) scarsità della risorsa ‘giurisdizione’ […] d) costante aumento dei costi”. Pertanto, “è ormai arrivato il tempo di pensare seriamente alla previsione di efficaci strumenti di risoluzione dei conflitti alternativi al giudice amministrativo”.

I conflitti ai quali si fa riferimento sono soprattutto quelli tra le pubbliche amministrazioni ma, per ragioni di opportunità, si ritiene che la diffusione delle ADR debba interessare tutte le controversie “di modico valore o di facile soluzione”; nelle quali vi è anche una percezione negativa del contributo unificato.

Sebbene il codice del processo amministrativo disciplini solo il processo, il presidente Volpe ricorda che nel nostro ordinamento esistono già dei rimedi alternativi alla tutela giurisdizionale. Si pensi, ad esempio, alla materia dei contratti pubblici (accordo bonario, transazione, arbitrato, pareri Anac) e alla risoluzione preventiva delle controversie tra utenti e gestori, nei settori sottoposti a vigilanza da parte di autorità indipendenti (comunicazioni, energia, ecc.).

Inoltre, precisa Volpe, “la normativa europea spinge verso la mediazione” e non impedisce ai singoli Stati membri di utilizzarla nella Pubblica Amministrazione.

Ciò non di meno, il ricorso alle ADR non può prescindere da un intervento legislativo volto sia a definirne con certezza le caratteristiche tecniche (criteri di individuazione del terzo facilitatore, termini di impugnazione, ecc.), sia a prevenire e superare gli ostacoli di natura pratica (sospetti di corruzione, rischio di danno erariale, ecc.).

Effettivamente, l’ostacolo maggiore all’introduzione delle ADR nelle controversie tra cittadino e P.A. sembra essere proprio quello che, a seguito della soluzione “bonaria” ad una controversia, possano sorgere sospetti di “favoritismo” nei confronti del privato o di Danno erariale. Quale dirigente o funzionario si prenderà mai la responsabilità di transigere una lite, se ritiene che un giorno qualcuno potrebbe mettere in discussione la sua decisione?

Riteniamo che la soluzione, al fine di incentivare realmente al P.A. a conciliare le liti giudiziali, potrebbe essere triplice:

- istituire organismi di mediazione “specializzati” in diritto amministrativo, da accreditare sulla base di adeguati requisiti soggettivi e oggettivi;

- istituire un albo nazionale dei mediatori in “diritto amministrativo”, prevedendo stringenti requisiti per l’accesso;

- introdurre appositi incentivi alla mediazione, ad esempio stabilendo che la parte “soccombente” in mediazione, nel caso in cui risulti soccombente anche in sede giudiziale, dovrà pagare un adeguato risarcimento alla controparte.

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