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Il Tar del Lazio (Roma, I Bis, sentenza 31 ottobre 2017, n. 10868), mutando un suo precedente orientamento, ha deciso il reintegro di un militare che, dopo due anni di “eccellente” servizio, era stato dichiarato “decaduto dalla ferma” per aver erroneamente indicato di possedere un brevetto di equitazione previsto come titolo di merito nel concorso, confondendolo con quello da lui posseduto (il militare disponeva del brevetto agonistico di tipo A2, rilasciato dall’associazione di equitazione “FITRTREC-ANTE”, mentre nel bando si faceva rifermento al brevetto di equitazione per sport olimpici rilasciato dalla “FISE”). La sentenza è passata in giudicato il 30 aprile, perché il Ministero non l'ha impugnata dinanzi al Consiglio di Stato.

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Il Consiglio di Stato (III, ordinanza 19 gennaio 2018, n. 258) rigetta la tesi del Ministero della salute italiano: l’Italia non può rifiutarsi di riconoscere il titolo di odontoiatra argentino, anche se la laurea argentina (di durata quinquennale) ha durata inferiore alle 5.000 ore. Questi i fatti. Una giovane odontoiatra, iscritta presso il Colegio odontológico de la Provincia de Córdoba (Argentina), aveva chiesto al Ministero della salute italiano il riconoscimento del suo titolo professionale di odontoiatra, in modo da potere esercitare la professione anche in Italia. Le autorità italiane si erano opposte perché la professionista aveva una laurea di 4.350 ore, mentre in Italia la durata minima è di 5.000 ore. La ricorrente, assistita dall’abogado Giuseppe Lipari e dall’avvocato Massimo Sidoti (in appello dai cassazionisti Bisagna e Tallarida) ha impugnato vittoriosamente i provvedimenti.

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ll Miur si era rifiutato “di emettere il decreto di riconoscimento dell'abilitazione all'insegnamento ottenuta in Spagna”, citando la propria nota prot. 2971 del 17.03.17, in cui si stabiliva che sarebbero state prese in considerazione solo le istanze accompagnate da un documento che attesti il superamento di almeno una parte del concorso spagnolo per l’insegnamento nelle scuole pubbliche (ne abbiamo parlato in questo articolo).

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La professoressa aveva conseguito il titolo di abilitazione in Spagna, al termine del “Máster en Formación del Profesorado” presso l’Universidad Isabel I de Castilla. Aveva chiesto il riconoscimento al Miur, ma la sua pratica non era stata gestita nei tempi previsti (4 mesi). A seguito di un ricorso contro il “silenzio” della P.A., presentato dai legali dello studio Sidoti & Soci, il Tar del Lazio ha condannando il Miur a emettere un provvedimento entro 30 giorni, con nomina di un "commissario ad acta" e 1.500,00 euro di condanna alle spese.

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I cittadini italiani hanno il diritto di conseguire il titolo di avvocato in un qualunque Stato membro ed esercitare la professione in Italia, senza che nessuno possa parlare di un “abuso del diritto” o richiedere requisiti ulteriori al certificato di iscrizione. Da questo punto di vista, il diritto comunitario è chiaro, e non suscettibile di interpretazioni. Eppure, la circolare del Ministero della Giustizia del 12 maggio 2017, con cui i Coa vengono di fatto “invitati” a negare lo “stabilimento” e a rimettere in discussione le “integrazioni” agli abogados italiani, va esattamente nella direzione opposta e nonostante ciò, pur avendone chiesto la rettifica (pec del 24.05.2017), il Ministero della Giustizia è rimasto, ad oggi, in silenzio.

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Per gli avvocati, lavorare per un ente pubblico a volte significa anni di attesa prima di incassare la parcella. Specialmente quando l’ente pubblico si trova in difficoltà economiche e le somme presenti in tesoreria sono impignorabili ex lege, come spiegato in questo articolo. E’ quanto accaduto a un avvocato di Palermo che aveva assistito l’ASL 1 di Napoli in una controversia giudiziaria. Il professionista, non avendo ricevuto il pagamento spettante, è stato costretto a notificare un decreto ingiuntivo, che purtroppo è rimasto ineseguito, perché la procedura esecutiva si è conclusa con un nulla di fatto (tutte le somme presenti in tesoreria erano vincolate). Il legale, assistito dallo studio legale Sidoti & Soci, ha dunque dovuto proporre ricorso al Tar Sicilia ai sensi dell’art. 112 c.p.a., ottenendo finalmente quanto gli spettava.

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