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Abilitazione docenti in Romania: la parola al Tar Lazio

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La questione delle abilitazioni all’insegnamento conseguite in Romania approda al Tar Lazio. La vicenda è diventa d’attualità ad aprile, quando il Miur ha comunicato che non avrebbe riconosciuto i titoli rumeni, perché a sua avviso non rispettavano i requisiti della direttiva 2005/36/CE.

https://miur.gov.it/web/guest/-/riconoscimento-professione-docente-avviso-formazione-conseguita-in-romania

Successivamente, sono partiti i dinieghi di riconoscimento, indirizzati ai singoli docenti. Le motivazione del Miur appaiono effettivamente molto generiche e prive di riferimento specifico alla normativa rumena. Pertanto, la decisione di negare i riconoscimenti, asserendo che in realtà i richiedenti non avrebbero acquisito la qualifica di docente in Romania, lascia perplessi.

Un gruppo di studenti, non condividendo le conclusioni ministeriali, ha impugnato i provvedimenti. Le cause sono state assegnate alla sezione III bis del Tar Lazio, competente sui ricorsi proposti contro il Miur. 

L’istanza volta a ottenere un decreto cautelare monocratico, depositata a fine aprile, è stata respinta dal Presidente della Sezione III bis perché, ad avviso del magistrato, “non sussiste il presupposto di estrema gravità ed urgenza per l’accoglimento della proposta istanza di misure cautelari monocratiche, avuto presente che la mancata concessione della suddette misure monocratiche non pregiudica in alcun modo gli effetti anche ripristinatori di un’eventuale ordinanza collegiale di accoglimento” (Tar Lazio, III bis, decreto cautelare 2 maggio 2019, n. 2507).

In generale, i decreti cautelari vengono accolti molto raramente dal G.A. Il loro accoglimento presuppone una urgenza “eccezionale” tale da non consentire di attendere la prima udienza per sottoporre la loro richiesta all’intero collegio, composto da tre giudici. Il Presidente della Sezione ha quindi rinviato le cause al 4 giugno 2019, per discutere la concessione di misure cautelari collegiali.

Alla luce della giurisprudenza della Sezione, e salvo che i ricorrenti non siano in possesso di documenti decisivi provenienti dalla Romania, appare probabile che il Tar rigetti le richieste, quantomeno in sede cautelare. 

Nel caso in cui i giudici dovessero rigettare le richieste dei ricorrenti, resterebbe la possibilità di appellare in Consiglio di Stato o di attendere la fissazione dell’udienza di merito (tra alcuni mesi/anni).

 

La difficoltà dei ricorsi per il riconoscimento delle qualifiche: alcuni suggerimenti

La difficoltà maggiore, nelle controversie che riguardano il riconoscimento delle qualifiche conseguite all’estero, è quello di “spiegare” al giudice italiano il funzionamento dell’ordinamento giuridico straniero. I tribunali italiani conoscono la normativa italiana ma non quella straniera. Le parti private, in questi casi, hanno l’onere di indicare quali sono le norme straniere applicabili e come devono essere interpretate.

Per riuscire in quest’impresa, se l’avvocato italiano non conosce il diritto straniero (ed è quasi sempre così), dovrà avvalersi di avvocati stranieri, con un aggravio dei costi a carico dei clienti. Non sempre i clienti sono disposti a sostenere questi costi. Quindi, a volte, i clienti rinunciano a impugnare il provvedimento. Oppure decidono di farlo, ma senza fornire al loro avvocato un fondo spese per i consulenti stranieri.

Il problema è aggravato dal fatto che i provvedimenti amministrativi vanno impugnati entro 60 gg. dalla loro comunicazione (120 gg., se si decide di impugnarli con ricorso straordinario). Entro questo termine, l'avvocato dovrà individuare i motivi di ricorso, senza poterli ampliare successivamente.

Per evitare una sconfitta sicura, occorre mettere il proprio avvocato nelle condizioni di scrivere un buon ricorso. Ma per farlo bisogna rivolgersi a lui tempestivamente, anche al fine di consentirgli di reperire i documenti nello Stato membro che ha rilasciato la qualifica professionale. Tra accettare un provvedimento ritenuto ingiusto e impugnarlo, meglio impugnarlo. Ma, se si vuole impugnarlo, meglio farlo nel modo giusto, ossia mettendo il proprio avvocato nelle condizioni di lavorare serenamente.

 

Aggiornamento del 13 settembre 2019: Il Tar Lazio: no al riconoscimento dell'abilitazione all'insegnamento rumena

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